Il lago di Pilato

Piacevole ritorno nel cuore e simbolo dei monti Sibillini.
Salita pomeridiana alla ricerca di atmosfere magiche; la valle del lago solitaria, i laghetti, piccoli ma per fortuna formati, i colori caldi che si attenuavano col passare delle ore, i silenzi, l'immobilità dell'aria, le pareti verticali, i ghiaioni grigi... se qualcuno mi chiede perchè vado in montagna rispondo che per capire devi salire da queste parti il tardo pomeriggio di una giornata estiva.


Ci sarà? O meglio, ci sarà acqua? Questa da alcuni anni è la domanda che tutti gli amanti dei Sibillini, raggiunto il culmine dell’estate, si pongono a riguardo del lago di Pilato. Vuoi il cambiamento climatico di questi anni sempre più roventi e meno piovosi, vuoi il terremoto del 2016 che ebbe l’epicentro a pochissimi chilometri, quasi metri dal lago e che con nozioni più o meno scientifiche potrebbe/dovrebbe aver modificato le faglie sotterranee e quindi anche il fondo impermeabile, sta di fatto che il lago ogni estate rischia il totale prosciugamento. Non ricordo più nemmeno l’ultima volta che sono salito, per questo e per i motivi di cui sopra l’ho proposto a Marina che ha accettato con grande entusiasmo. Escursione pomeridiana doveva essere però, per fuggire dalla calca che accerchia nel periodo estivo i Sibillini ma soprattutto per cercare di trovare le atmosfere e i colori che esaltano le montagne quando il sole inizia a scendere. Forca di Presta, ore 15.30, inizia la salita per la Sella delle Ciaule, va detto che rispettando le previsioni stentiamo a trovare parcheggio, preferisco non commentare. Non abbiamo fretta e ce la prendiamo comoda, in discesa la processione di chi torna è presso che ininterrotta, più ne scendono e meno ne troveremo in alto. E’ inutile descrivere la traccia di salita fino alla sella, evidente e larga (almeno in questi periodi e più in generale quando è priva di neve), in alcuni punti anche deturpata e sempre più degradata che proprio non si può mancare. Ciò che notiamo in maniera forte è l’abbigliamento della maggior parte degli escursionisti, a dire poco improvvisato e inadatto, nessuno si rende conto che la montagna tale rimane a queste altezze anche i giorni di agosto e che l’imprevisto è sempre in agguato. Su questo versante però la cosa peggiore, dovuta certamente alla mancanza di cultura dei più, è la quantità di gente che scende tagliando i sentieri; nonostante i cartelli di divieto a farlo (sempre troppo pochi) in molti scendono tagliando o percorrendo le tracce di chi li ha preceduti. Ciò che ne consegue è la presenza di svariate tracce, molte, troppo ripide, ormai slavate, scavate e in via di ulteriore allargamento, a nulla servono i muretti per far seguire il sentiero principale, a nulla servono i sistemi che siamo soliti riconoscere in montagna per consigliare la direzione, il ramo di traverso, la fila di roccette disposte a contenere il sentiero ecc ecc… se manca la cultura la montagna è in mano a tutti e si deturpa. Non sembra ma è un eco sistema fragile e prevedo presto improvvide chiusure. Anche i contenimenti posti poco prima del rifugio Zilioli, le assi di legno disposte per superare il breve tratto ripido e scivoloso del sentiero se ne stanno venendo via, evidentemente non sopportano i dilavamenti ma soprattutto la massa di traffico cui sono sottoposti. Raggiungiamo il rifugio Zilioli (+1,45 ore) ormai completato, che che ne dicano in tanti trovo che sia una bella struttura, il tempo dirà se destinata a durare nel tempo; il bivacco aperto dispone di quattro brande, ampio e per fortuna pulito e in ordine, mi faccio sempre più convinto che sia davvero una bella struttura. Ci prendiamo il nostro tempo e sostiamo per mangiare qualcosa e goderci il familiare ma per questo non meno bello, panorama sulla valle del Tronto e sulla Laga; oltre ci è vietato vedere a causa della poca trasparenza dell’aria. Ripartiamo destinazione lago, non nego una certa emozione, è stata la mia prima meta in montagna, è tanto che manco e lo sento un po' come un ritorno a casa. Dalla dorsale della sella delle Ciaule ciò che si scopre è senz’altro uno degli angoli più belli dell’Appennino, familiare ma sempre coinvolgente, lo Scoglio del Diavolo, il Pizzo del Diavolo o come lo si voglia chiamare con tutta la cresta fino a Punta di Prato Pulito e quell’imbuto che scende ripido e ghiaioso fino al lago sono ciò che di più vicino alle Dolomiti abbiamo da queste parti, l’orizzonte che scivola via canalizzato dalla valle del lago rapisce lo sguardo verso lo “sgorbio” della Sibilla … oggi, sapendo che andremo a scoprire quelle linee da dentro la valle, ci danno maggiore carica delle altre volte… e allora via, ci caliamo sui pratoni che convergono verso la piccola forcella giù in fondo che dà accesso alle famose roccette e al lago. Un occhio attento a cercare le stelle alpine normalmente molto presenti su questo versante, ne troviamo poche o meglio meno di quelle chi mi aspettavo) e siamo alla forcella (+40 min. compresa la lunga sosta al rifugio), pare perdersi nel nulla, senza una prospettiva vicina che non fosse la parete del Pizzo del Diavolo e i ghiaioni che scendono sul versante opposto. A testimoniare la fama di questo tratto di sentiero comunemente conosciuto come “le roccette” innumerevoli cartelli di pericolo; lo stretto fosso ghiaioso che scende dalla forcella con una pendenza modesta dà l’illusione che seguendolo si potrebbe atterrare a fondo valle; nulla di più falso, pochi passi ancora e ci si troverebbe sul ciglio di un salto. Non ci sono segnavia ad indicare il sentiero, occorre solo un po' di esperienza, scesi un pò dalla forcella si prende sulla destra un gradone che sembra tagliato nella roccia, una piccola cengia non esposta in leggera salita che traversa il pendio, facile da seguire dopo pochi metri permette di scorgere i laghi; non nego che ero emozionato nel vederli, erano formati, i soliti due laghetti, piccoli ma meno di quello che mi aspettavo, molto divisi tra loro. Nonostante un’estate lunga, terribilmente calda e siccitosa i laghetti ce l’hanno fatta, ormai sperando in qualche temporale di fine stagione il peggio per loro ed il loro abitante credo sia passato. Siamo ancora alti sul sentiero e alti sulla valle, il sole filtra dalla cresta del Pizzo del Diavolo, illumina una parte dei laghi così che i colori vanno dal verde smeraldo al blu del riflesso del cielo, in ombra la testata della valle e gli viene consegnato un aspetto ancora più duro, ripido, da confine del mondo. Contrasti forti e affascinanti. Le roccette vanno prese con cautela, il versante che si attraversa scende con poca pendenza ma poco sotto prende a precipitare verso la valle, tratti di sentiero sottile e anche esposto si alternano a piccoli salti che devono essere affrontati disarrampicando con prudenza, più in basso di una quarantina di metri e davanti la lunga traccia che traversa il ghiaione fino alle quote dei laghi è molto evidente, meno come arrivarci, si percorrono brevi tratti di sentiero agile e si scendono alcuni salti su roccia sicura, non ci sono segnali se non più in basso quasi quando si sta per atterrare sul ghiaione, insomma, ci vuole accortezza e passo certo ma niente di più, di sicuro se non si è abituati a certe esposizioni e alla mancanza di sentiero ci si può rimanere bloccati, in sostanza facile ma non per tutti, ma questo si sapeva. Toccato il sentiero che prende a traversare in discesa prendiamo verso i laghi, quasi deserti per fortuna, ci facciamo coinvolgere dalla bellezza dell’ambiente e ci fermiamo spesso per guardarci intorno, siamo più fermi che in movimento e ad un certo punto perdiamo la voglia di raggiungere le sponde dei laghi, chi ce lo fa fare? Quello che potevamo osservare da mezza costa ci sarebbe stato celato una volta in basso, le sponde del lago sono notoriamente interdette al calpestio, non valeva la pena scendere fino al livello dell’acqua, mi sono limitato ad abbassarmi un po' per prendere qualche foto di taglio rispetto alla valle. La luce cambiava velocemente, i raggi del sole traversavano da sopra la cresta tra Punta del Lago ed il Pizzo del Diavolo, seguivano il sole che lentamente ma inesorabilmente scendeva dietro i bastioni rocciosi, i colori dei due laghetti fin tanto venivano illuminati erano fortemente diversi, verde smeraldo quello più a monte, azzurro quello più a valle, si sono spenti poi via via che il sole scendeva, scuro quello più a monte, riflessi azzurri ma dovuti al cielo che ci si rifletteva dentro quello più a valle, anche la testata pietrosa della valle cambiava aspetto velocemente diventando grigia e tetra. Il silenzio faceva il resto, ci siamo seduti ai lati del sentiero dopo averlo risalito per un breve tratto e ci siamo immersi in quel contesto stupendo, facendo vagare lo sguardo ovunque e in ogni dettaglio consapevoli comunque di non riuscire a trattenere nulla se non la sensazione di grandiosità, di isolamento e di bellezza assoluta. Non so quanto siamo rimasti a percepire così ogni variazione di luce e temperatura, eravamo soli in quella grandiosità; tante volte in montagna si pensa di vivere un momento unico e forse il più bello di sempre, quando si è presi dalle emozioni si tende sempre ad enfatizzare, ma oggi pomeriggio stavamo rasentando il massimo e anche perché c’era implicato un fattore che di solito manca, il cuore, l’affetto per il luogo. Si doveva fare i conti col rientro e con la luce che velocemente si stava affievolendo, e con un appuntamento che ci eravamo dati con due amici al rifugio Zilioli, saliti solo per scendere poi con noi e passare il resto della serata insieme. Lentamente abbiamo preso a risalire, scelte con cura le linee di salita sulle roccette, qualche segnale in più rispetto alla via di discesa aiuta ad imboccare la traccia migliore e tra molte soste per non perdere ogni istante delle mutazioni cromatiche raggiungiamo la forcella, ultimo sguardo ai laghi, un arrivederci e ci inoltriamo nell’ultima salita della giornata, sul pratone erboso fino alla sella delle Ciaule; una bella salita immersa nei colori bruciati dei prati di fine estate e di fine giornata, i ghiaioni che scendono dal Redentore e le pareti del Pizzo del Diavolo creano suggestioni e sfondi da montagna vera, il silenzio del pomeriggio inoltrato è assoluto, e la salita è diventata leggera, c’era magia nell’aria. I nostri amici erano da poco arrivati allo Zilioli (+1,20 ore), ci regaliamo ulteriore tempo per qualche foto, per qualche chiacchiera e per assaporare anche da qui i colori del fine pomeriggio che spegnevano la Laga e accendevano le praterie delle basse montagne verso Forca Canapine. La discesa per Forca di Presta è stata una lunga chiacchierata tra amici, tutto era familiare e in questo momento contavamo di più noi quattro; tranne alcuni minuti, quando il sole ha iniziato a scendere dietro le dorsali che sovrastano Castelluccio, tutto sembrava prendesse fuoco e si riusciva a guardare il sole ad occhio nudo; il sole scendeva infuocato insieme alla temperatura, la sensazione del crepuscolo è stata intensa e ha regalato un altro momento stupendo. A Forca di Presta (+1,20 ore) manco a dirlo tira un venticello fastidioso ed è quasi freddo, ci aspetta una qualche trattoria per continuare la serata con gli amici e facciamo in fretta a sbrigarci. Oggi non c’erano altri obiettivi che riprenderci il tempo ed il bello delle nostre montagne di casa e dei laghetti di Pilato, ci si è aggiunta l’amicizia che ci sta sempre bene; rimarrà una giornata semplice ed essenziale ma certamente indimenticabile.